In realtà, definire i contorni delle nuove disposizioni non è semplicissimo.
Cominciamo col dire che il regime fiscale in questione è quello introdotto dalla manovrina di primavera del 2017, all’articolo 4, commi 2 e 3 (espressamente richiamati dalla legge di Bilancio). Nel dettaglio, il comma 2 si limita ad affermare la possibilità di optare per la cedolare secca del 21% sui canoni derivanti dai contratti che hanno le caratteristiche indicate dal precedente comma 1, e cioè:
– prevedono la locazione di immobili a uso abitativo, eventualmente con la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali;
– hanno durata non superiore a 30 giorni;
– sono stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o soggetti che gestiscono portali telematici.
Il comma 3, invece, estende il regime previsto dal comma 2 anche ai corrispettivi lordi derivanti da due diverse tipologie contrattuali, purché vengano rispettate le condizioni appena riepilogate:
1) i contratti di sublocazione;
2) i contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile da parte di terzi.
Non c’è dubbio, quindi, che un “privato” che destina alla locazione con formula breve cinque appartamenti nel corso del 2021 non potrà più scegliere la cedolare secca. Inoltre, la sua attività si presumerà svolta in forma d’impresa, con tutto ciò che ne consegue (obbligo di apertura della partita Iva, tenuta contabilità e così via).
Al contrario, se quello stesso contribuente possiede cinque appartamenti e ne destina tre alla locazione breve in forma diretta, mentre per altri due l’affitto breve è gestito in proprio nome dal comodatario, non dovrebbe scattare alcuna stretta. Detto diversamente, siccome l’imposta è applicata su base personale, il superamento della soglia di quattro appartamenti va riscontrato sui singoli soggetti passivi: locatore, comodatario o sublocatore. È questo un passaggio che –– potrebbe ridurre in modo significativo l’ambito applicativo della disposizione. A patto, naturalmente, che i comodati e le sublocazioni siano genuini e non simulati.
Restano comunque altri punti approfondire.
C’è da chiedersi, innanzitutto, quando un appartamento possa essere “destinato” alla locazione breve. Il concetto è in effetti inedito per gli immobili dei privati, per i quali l’utilizzo è dichiarato in base ai giorni. Alcuni hanno ipotizzato la necessità di una destinazione prevalente nel corso dell’anno, che però non emerge dalla norma. È probabile allora che vada usato un criterio per giornate, per cui anche i proventi derivanti da brevi periodi di locazione breve dovranno sottostare alle nuove regole.
Altro aspetto delicato è poi stabilire se la presunzione di svolgimento di attività imprenditoriale sia assoluta o relativa. Anche perché, se fosse relativa, il possessore di più di quattro appartamenti che si limitasse a svolgere un’attività di mero godimento non farebbe fatica a superarla. Pensiamo a chi delega tutta la gestione della locazione a una società specializzata, senza destinarvi alcun “mezzo organizzato”.
Il fatto che la norma parli di «appartamenti» crea qualche incertezza anche per i casi di locazione parziale. Ma qui dovrebbe prevalere il dato letterale, per quanto sia stato scelto un termine non tecnico (appartamento va probabilmente inteso come sinonimo di unità immobiliare del gruppo A, escluso A/10). Perciò, non dovrebbe incappare nella stretta chi destina all’affitto breve – ad esempio – tre intere unità e una porzione di altre due unità.
C’è poi il tema delle comproprietà e delle comunioni, molto frequenti in ambito immobiliare. Sempre seguendo il principio dell’imposta personale, due contribuenti che possiedono in comproprietà cinque appartamenti in locazione breve dovrebbero subire la stretta.
La manovrina di primavera del 2017 ha anche dettato due livelli di obblighi a carico degli intermediari: una comunicazione alle Entrate (per chi interviene nella stipula del contratto) e una ritenuta del 21% (per chi interviene nella fase di pagamento dei canoni). Entrambi questi obblighi riguardano solo i locatori “non imprenditori”. Quindi vengono meno quando scatta la presunzione prevista dalla manovra.
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